sabato 24 giugno 2017

Vogliamo contare, non essere contati: a proposito di quartieri, movida, divieti, polizia e grandi eventi

A tre settimane circa dall'emanazione dell'ordinanza "anti movida" firmata dall'amministrazione Appendino crediamo sia necessario fare delle considerazioni e tirare delle somme.Sono accaduti diversi episodi - l'ultimo dei quali è la gravissima aggressione poliziesca in piazza Santa Giulia - indicatori di alcune tensioni presenti in città, episodi che vogliamo provare ad analizzare per punti, in modo da dare un punto di vista chiaro nella confusione che si è creata in questi giorni. Ecco allora cosa ne pensiamo di quelli che sono gli argomenti più trattati a Torino nell'ultimo mese, buona lettura!

Ph Credit: Chiara Appendino proibisce cose
 
TRASFORMAZIONE DEI QUARTIERI

Cosa sta succedendo nei quartieri che noi, giovani studenti e giovani lavoratori, viviamo e abitiamo tutti i giorni? Il cambiamento è avvenuto quando le amministrazioni comunali che si sono succedute hanno deciso di investire in determinate zone della città, puntando sulla cosidetta "riqualificazione" del territori e scommettendo sul soggetto studentesco come potenziale di arricchimento per una città ormai svuotata della sua forza industriale. I quartieri si sono trasformati nella loro fisionomia e nella loro essenza, diventando il punto nevralgico su cui investire in maniera incontrollata e speculatrice, senza una continuità tra quello che erano stati fino a quel momento e quel che sarebbero diventati di lì a poco. Come San Salvario e Vanchiglia, luoghi prima scanditi da ritmi, stili e costi della vita che potremmo definire "popolari".
San Salvario è diventato il cuore della vita notturna; Vanchiglia, con la costruzione del Campus Einaudi, si è riempita di studenti diventando il quartiere universitario per eccellenza, e la sua fisionomia si è plasmata in base all'offerta proposta ai nuovi abitanti.
Un'offerta, peraltro, che è diventata nel giro di pochissimo tempo troppo onerosa anche per gli stessi studenti a cui era rivolta, a partire dal costo degli affitti per arrivare ai prezzi di un pranzo, di una pizza o di un aperitivo.



MOVIDA
A 5 anni di distanza da queste trasformazioni dobbiamo confrontarci con la nuova realtà che ci troviamo di fronte e - senza toni nostalgici per ciò che è stato - dobbiamo individuarne le criticità, comprenderne le contraddizioni, cogliere i meccanismi di questo nuovo capitalismo "smart and young": per riuscire ad imporre noi un nuovo ritmo, per poterci riprendere gli spazi in questi quartieri, per opporci a ciò che ci schiaccia economicamente e ci toglie autonomia decisionale. Vogliamo poter decidere come stare in piazza, come stare insieme, vogliamo avere la possibilità di vivere i quartieri dove paghiamo un affitto, dove facciamo guadagnare bar, locali e supermercati.
Abbiamo sperimentato - tra feste universitarie, cene o semplici aperitivi - che è possibile creare situazioni aggregative senza dover cedere al ricatto della "consumazione obbligatoria", senza cadere nel meccanismo stritolante di una movida incentrata solo ed esclusivamente su quanto si può e si è disposti a spendere. Lo stesso termine "movida" è un'imposizione, un dispositivo linguistico creato ad arte per delimitare un fenomeno che comprende gentificazione, speculazione e arrichimento per alcuni, privazione di spazi e impoverimento per altri. Noi non vogliamo essere movida, vogliamo essere soggetti capaci di fare scelte collettive e razionali per il nostro bene e per il bene dei nostri quartieri.
L'ordinanza della giunta a 5stelle - nonostante parli di "sicurezza" del territorio - cerca nel pratico di cancellare qualsiasi forma di socialità spontanea e autoorganizzata, imponendo divieti che vorrebbero toglierci la possibiltà di stare insieme nelle piazze e nelle strade.

DIVIETI

Si dichiara così una guerra "all'alcool d'asporto" ma la verità è che quest'ordinanza sembra un crociata contro quegli stessi giovani sui quali si è strutturata la nuova economia torinese (con i costi da strozzini che ben conosciamo), che adesso diventano improvvisamente il nemico da combattere, salvo lasciare loro la possibilità di uscire per consumare all'interno dei locali, in confini prestabiliti e funzionali al guadagno. Ci sembra allora che il punto fondamentale da mettere in luce sia il fatto che non cederemo a questo ricatto: dopo il deserto dell'istruzione, dopo la frustrazione del lavoro, adesso la catena è arrivata a stringerci anche nei posti che consideriamo completamente nostri perchè da sempre siamo noi a viverli e a renderli vivi.
Non ci facciamo imporre per l'ennesima volta il gioco di chi crea mostri per poi cercare capri espiatori: è per questo che da giorni tantissimi ragazzi e ragazze si organizzano per violare insieme l'ordinanza, per ribadire che non ci faremo togliere la possibilità di delineare i confini del NOSTRO divertimento, di decidere noi la qualità dei momenti di socialità che viviamo; perchè sì, vogliamo stare insieme e sì, vogliamo stare in piazza senza la paura di venire multati o perquisiti.

POLIZIA

L'ordinanza, parlando così confusamente e pretestuosamente di ordine pubblico, ha prodotto una sola ed infame conseguenza: abbiamo visto i nostri quartieri completamente militarizzati, abbiamo visto molte più divise nelle nostre strade, ci hanno circondati, caricati e malmenati all'interno di Vanchiglia con l'arroganza di chi sente di avere un potere inviolabile.
Lo abbiamo urlato e lo urleremo ancora: siamo compatti ed uniti nel respingere e cacciare via questi corpi estranei. Non sarà l'ordinanza a farci fare un passo indietro, continueremo a contestare le forze dell'ordine sempre e comunque perchè la sicurezza la facciamo noi con la nostra presenza in strada, non di certto i picchiatori che abbiamo visto all'opera il 20 giugno in piazza S. Giulia. Se questa ordinanza è stata per le forze dell'ordine l'ennesimo lasciapassare per esercitare un controllo illegittimo e violento, non ci sfugge che comunque è ugualmente responsabile chi - concedendo alla polizia questo ulteriore potere - vuole solo proteggere i propri interessi economici e sopperire alle proprie inefficenze, disinteressandosi completamente dell'effetto che questo produce sulla città. Un delirio securitario che rende l'aria pesante ed irrespirabile.

GRANDI EVENTI

Al tempo stesso non ci sfugge che l'ordinanza "anti-alcool" è stata emessa a ridosso dei fatti di Piazza S. Carlo: prima si è cercato di dare la colpa a qualche scherzo infelice, poi agli abusivi che vendono alcool, a chi ha buttato le bottiglie per terra, a chi non ha mantenuto la calma...noi le uniche colpe che vediamo sono quelle di un'amministrazione comunale che punta sui grandi eventi, che si fa lustro dei luccichii, salvo poi non saperli minimamente gestire. Noi la colpa la vediamo nel Questore, nel Prefetto, nella giunta comunale, nella sindaca: a loro spettava il compito di garantire l'incolumità dei presenti, e se si è prodotto un tale disastro di certo bisogna interrogarsi sulla paranoia con la quale ci hanno insegnato a vivere le nostre città.
Quest'ordinanza è solo una toppa messa male, un tentativo maldestro di riprendere consensi, ma che questa paranoia non fa che alimentarla. E allora, noi che tutti i giorni cerchiamo di non affogare nell'ansia degli esami, della disoccupazione, del lavoro precario non ci stiamo ad avere paura di nuovo, ad avere paura anche nell'unico momento in cui possiamo liberarci da questi macigni. Ribadiamo che continueremo a violare questa ordinanza tutti uniti, ma non ci basta: vogliamo il ritiro della stessa il prima possibile. Non solo: abbiamo individuato i colpevoli di questa situazione e non tolleriamo che rimangano aggrappati alle loro poltrone. Per questo chiediamo con la medesima forza che dopo gli ultimi episodi di follia inaccettabile, il Questore ed il Prefetto presentino le dimissioni.

Non faremo un passo indietro, non rinunceremo a difendere la libertà di abitare la città senza paura e senza divieti.

Collettivo Universitario Autonomo - Torino