lunedì 21 marzo 2016

Intimidazioni e spintoni al Rettorato: #PrimaLaVeraUniversità!

Oggi in molte università si sono svolti incontri pubblici con personale universitario e parlamentari per parlare del futuro degli atenei italiani.

Siamo andati a quella organizzata dal nostro ateneo dove abbiamo trovato la Digos che provava ad impedirci l'accesso. La polizia, dopo esser stata incalzata dai presenti che hanno visto quanto la scena fosse assurda, ci ha fatto passare; è da notare come sempre più il rettore ed il resto della dirigenza universitaria vogliano gestire la pace sociale in università a suon di arresti, denunce e polizia. 

Volevamo entrare ad ascoltare questo confronto ma non è stato possibile, non era quella la ragione dell'evento perchè di confronto non si trattava. Ci siamo ritrovati in mezzo all'ennesima situazione in cui zitti e composti avremmo dovuto ascoltare i buoni propositi di chi ogni giorno ci nega il futuro di cui parla. Oltre a professori, ricercatori e noi pochi studenti, erano presenti i rettori di UniTo e PoliTo, il sindaco e molti parlamentari. Abbiamo preso parola, non per aggiungere dati a un drammatico quadro che l'Università stessa ha messo in luce, quanto per far presente che non pensiamo nessuna delle soluzioni proposte possa vederci entusiasti. Sicuramente è importante pensare a come rifinanziare l'università, eppure pensiamo che il problema sia più profondo, i tagli all'università non sono mera conseguenza della crisi ma l'espressione di una direzione ben precisa, una direzione che va cambiata e ripensata nelle sue linee strutturali. 

L'università post-gelmini è solo una tra le tante aziende in cui si lavora a tempo determinato (e in condizioni sempre più insostenibili), in cui le nostre capacità vengono mortificate e sfruttate senza che ci venga dato nulla in cambio. Neanche nell'ambito ristretto delle aule ormai troviamo sollievo, costretti insieme a professori e colleghi a parlare di riassunti e ad imparare nozioni a una velocità che non lascia spazio per alcun confronto e quindi a nessun sapere che possa esserci utile ad altra aspirazione che quella d'esser precari. 

Avremmo dovuto aspettare il nostro turno, l'ultimo, per poi parlare di fronte a un uditorio sempre più ridotto all'osso, ma abbiamo deciso di interrompere il teatrino perchè abbiamo trovato insopportabile quella sceneggiata e non abbiamo tempo da perdere con chi invece viene lautamente pagato e si permette pure di lasciarci in ultima fila.