mercoledì 16 marzo 2016

La paura e la possibilità

Gli arresti di oggi portano 6 studenti ai domiciliari e una studentessa all'obbligo di firme giornaliere con l'accusa di aver contrastato in più occasioni la presenza del Fuan e della Lega Nord in università. In queste occasioni i fascisti e i leghisti distribuivano volantini xenofobi contro la presenza di stranieri e migranti in università.

Sommati agli altri studenti già ai domiciliari, con i rientri notturni, obblighi di dimora e firme il numero sale a 14.  Un numero che salta all'occhio, e ci parla della normalità dell'uso repressivo e punitivo delle misure cautelari che mira ad intimidire gli studenti e le studentesse dell'Università di Torino.
Va denunciato con forza  il fatto che gran parte di queste misure cautelari siano vessatorie e estremamente restrittive, tanto che a metà di questi studenti è proibita la comunicazione con l'esterno in qualunque forma. Per alcuni è stata proibita la frequentazione di corsi obbligatori e si rende loro difficile sostenere gli esami e reperire i libri per lo studio. Questi fatti sono già stati ribaditi con forza dalla campagna #LibertàDiDissenso#LibertàDiStudiare, promossa dagli studenti dell'ateneo di Torino e sostenuta da moltissimi docenti e lavoratori.

Passiamo ora ai fatti che hanno portato a questi ultimi arresti. Leggendo l'ordinanza ci si rende subito conto della pretestuosità dei fatti e degli episodi contestati, con un maldestro tentativo di tenere insieme 3 differenti episodi di contestazione alla presenza del Fuan e del Mup (movimento universitario padano) in università. [Per una cronaca più dettagliata rimandiamo agli articoli pubblicati in merito: - 25 novembre: Il Fuan provoca, la polizia circonda e minaccia gli studenti!, Fuori il Fuan dall'Università. L'auletta Borsellino restituita agli studenti - 2 novembre: Fuori la Lega dall'Università! Cacciati i giovani padani dalla Palazzina Einaudi].

In tutte queste occasioni l'università è stata militarizzata in maniera pesante. Riempendo l'università di polizia e carabinieri (a volte più di un centinaio!) e imponendo check point a tutti gli studenti specialmente all'ingresso e all'interno del Campus Einaudi. Da anni oramai la Questura di Torino, con la complicità del Rettore Ajani, utilizza il Fuan, il Mup e qualsiasi altra presenza più o meno istituzionale in università per militarizzare ed impedire qualsiasi tipo di contestazione, anche solo probabile. La presenza di neofascisti e politici di spicco viene usata per imporre un dispositivo di comando, che dietro la scusa di garantire la libertà di espressione, nasconde il tentativo di normalizzare un campus “vetrina”che, da quando è stato costruito, continua a non essere quella passerella perfetta, che la politica torinese e il rettore vorrebbero.

Il continuo riproporsi di situazioni di questo tipo hanno portato ad un apice nella giornata del 25 novembre scorso, in cui la polizia ha circondato l'aula studio C1 autogestita, provando a sfondarne le porte ma non riuscendoci a causa della determinazione degli studenti che si trovavano dentro. Contemporaneamente, all'esterno dell'aula la risposta spontanea degli studenti fuori, accorsi in più di 300 in meno di 30 minuti, impediva il trasferimento in questura dei presenti. Il giorno dopo questo fatto gravissimo si è tenuta un'assemblea che ha visto la partecipazione di centinaia di studenti e i vertici del campus scusarsi per il comportamento della polizia dopo avere stigmatizzato la presenza, tra i provocatori del Fuan, del consigliere comunale Maurizio Marrone (FdI).

La risposta di quei giorni ci parla di un'incompatibilità latente al controllo e al dispositivo di comando nell'università riformata. L'operazione di oggi, invece, ci parla della paura di chi tende i fili del potere dentro e fuori l'università. Paura del rifiuto, anche nelle sue forme più embrionali. Paura dei comportamenti non omologati. Paura che però non potrà essere esorcizzata a suon di misure cautelari sugli studenti, perché le contraddizioni che la causano sono profonde. Certo, si tratta ancora di comportamenti incompatibili che non rovesciano i rapporti di potere, ma che da più parti continuano a emergere, anche sotto forme contraddittorie, e che ci parlano di un università non pacificata. Se osserviamo meglio, queste operazioni di polizia e l'accanimento verso gli studenti che provano ad organizzarsi contro questo modello di università, colpiscono tutti gli spazi aperti e di libertà che esistono all'oggi nell'accademia.

Chi oggi dichiara di aver difeso la libertà d'espressione dei fascisti e dei leghisti guarda al dito e non alla luna. In questi ultimi mesi ritorna spesso una frase “il sapere è fatto per prendere posizione”. Bene, una posizione che da chi ha a cuore la possibilità di mettere un bavaglio a studenti e professori è già stata presa. Gli arresti di oggi, per chi ha il coraggio di guardare, sono il tentativo di punire chi si espone pubblicamente e si adopera in modo attivo per il cambiamento dell'istituzione accademica. L'arbitrarietà dell'operazione è lampante: i reati contestati sono scuse per rinchiudere e intimidire. Inoltre, va specificato come reati analoghi a quelli contestati in situazioni al di fuori dei movimenti sociali non siano assolutamente sufficienti per giustificare le misure cautelari.

Il procuratore Spataro e suoi solerti pubblici ministeri Pedrotta, Padalino e Rinaudo utilizzano arbitrariamente le misure cautelari per soffocare qualsiasi dissenso. L'utilizzo di due pesi e due misure (come tanti altri casi in passato) è oggi più lampante che mai. E sembra che la priorità della procura sia quella di soffocare qualsiasi espressione di movimento e di lotta dentro l'università e la città. Il Rettore Ajani crediamo che sia complice di tutto questo e lo dimostra il suo silenzio rispetto alla vicenda e le sue passate dichiarazioni che giustificavano la militarizzazione dell'ateneo. Diciamo ciò con la tranquillità di chi non si spaventa e con la determinazione di chi vede la possibilità del cambiamento.

Un abbraccio solidale e forte va a tutti in nostri compagni e compagne colpiti dalle misure restrittive.
Un grido di sfida invece a chi vuole soffocare la libertà degli studenti.

Mattia, Diego, Simone, Silvestro, Umberto, Jacopo, Luca, Davide, Valeria, Francesca, Nicola, Eddi, Costanza, Alice LIBERI SUBITO!