martedì 12 luglio 2016

Oroboro - Alcune note sparse sui tempi che viviamo

Oroboro
Alcune note sparse sui tempi che viviamo


Introduzione - Prima che l'inverno arrivi

Siamo disorientati. La velocità del susseguirsi di eventi, informazioni e mutazioni della realtà ci lascia sempre più spiazzati. L’impressione è quella di essere fermi ed attoniti, mentre attorno a noi scorre una temporalità incredibilmente accelerata che fatichiamo a comprendere. In un eterno presente - senza storia e dunque punti di riferimento - è difficile cogliere un orizzonte.

La quotidianità sorge e si esaurisce in una cornice di eventi spesso mediatizzati, in apparenza scollegati e frammentari, riportati senza nota di causalità e consequenzialità.
Gli scenari inediti che ci troviamo davanti, spesso rendono inutilizzabili gli strumenti di interpretazione del passato e ci vedono in enorme difficoltà nel costruirne di nuovi.
Ammesso ciò, con questa serie di scritti che vi proporremo a puntate, abbiamo l’intenzione di ricollocarci nel tempo con uno sguardo non incerto ma domandante, con la ferma volontà di sviluppare delle ipotetiche mappe con cui riorientarci e agire nei conflitti che attraversano la società.


Nell'introdurre questo tentativo troviamo utile descrivere in modo sommario alcuni tratti del contesto in cui siamo situati: lo facciamo a partire da un mondo in crisi permanente, dove la menzogna dell'economia neoliberista riproduce cicli di shock economico dai tempi sempre più serrati e muove nuove forme di guerra. Si è compiuto il progetto di ristrutturazione neoliberista su scala globale e le resistenze finora emerse non sono state in grado di aprire delle crepe significative, ma unicamente di disturbare sommariamente il processo.

I cicli di crisi sono sistematizzati e integrati nell'unico dispositivo di profitto possibile al momento su un piano globale: un gioco pericoloso che distruggendo enormi quantità di capitale attiva meccanismi di rapina e espropriazione. Un processo di valorizzazione verso l'alto (finanza) della ricchezza sociale prodotta a fronte della sottrazione di reddito, potere e possibilità alle classi subalterne. Attraverso questi meccanismi i capitali si concentrano nelle mani di una sezione sempre più ristretta della borghesia globale. Il saccheggio avviene in maniera trasversale e asimettrica approfondendo le distanze tra centri e periferie globali (interne ed esterne ai confini dei singoli paesi). La guerra finanziaria ridefinisce il ruolo degli stati nazionali, disgrega agglomerati e alleanze tradizionali riconfigurando un mondo multipolare in cui emergono nuovi assetti geopolitici. Nuovi modelli di imperialismo si fondano sui ricatti finanziari e lì dove questi non funzionano entra in campo la guerra aperta come meccanismo di shock economico e psicologico sulle popolazioni. Anche nuovi soggetti emergenti nel campo di battaglia, come l'Isis, basano la loro politica di guerra su queste dottrine rielaborandole attraverso il modello della guerra in casa / guerra di ritorno.

Gli effetti di questa guerra finanziaria si stanno dispiegando sulla dimensione europea e mediterranea in modo sostanziale. Le crisi greche, la brexit, le pressioni tedesche sul sistema bancario italiano, le politiche di austerità della bce, l'attacco generalizzato ai salari e al welfare dei lavoratori europei, i flussi migratori e la difficoltà delle politiche europee nel gestirli sono aspetti di un panorama che vede il progressivo disgregarsi dell'opzione di un'Europa unita come grande potenza sullo scenario internazionale. Di pari passo le forme politiche che dovrebbero riprodurre la coesione sociale del progetto europeo sono in profondissima crisi. 
 
In particolare ci sembra importante considerare la situazione francese, che ha visto l'esprimersi di una resistenza forte ad un piano di restrutturazione interno, voluto fortemente dai poteri centrali dell'europa. Partendo da condizioni particolari del quadro locale, impossibili da semplificare in questo documento, si è visto l'emergere di una soggettività giovanile per molti aspetti nuovi, con caratteri e forme conflittuali capaci di trainare e spostare non solo i margini della vertenza contro la loi travail, ma gli interi assetti della compagine sindacale, innescando un interessante effetto a catena. In questo contesto i giovani, soprattutto liceali, sono riusciti a ricoprire un ruolo di medietà nel conflitto, partendo da un'incompatibilità forte non solo alla riforma del lavoro, ma alle stesse forme di vita proposte dal modello metropolitano francese.

In questa disgregazione che si profila, l'Italia presenta delle condizioni specifiche. Periferia europea strategica dal punto di vista militare ed economico, tra i paesi della fascia mediterranea è quello dove la crisi ha colpito finora con minore violenza per diversi motivi: innanzitutto un sistema creditizio più regolato affiancato ad un diffuso risparmio familistico che diventa cuscinetto del disagio sociale; in secondo luogo una maggiore capacità di gestione della ristrutturazione e possibilità di manovra da parte delle compagini istituzionali rappresentate dal PD di Renzi. Le resistenze a questi processi sono state deboli, ad eccezione del ciclo di lotte dell'Onda e del movimento No Tav. Questo quadro però sta mutando in modo accelerato. Alcune tra le maggiori banche italiane, ormai sature di titoli tossici, iniziano a traballare seriamente. Si profila una servile contrattazione con i falchi tedeschi e la BCE che, difficilmente vedrà l'Italia e i suoi istituti bancari uscirne con le ossa integre.

Le elezioni amministrative nelle grandi città, per quanto rappresentino un dato parziale, esprimono immediatamente la frattura del livello di consenso che si era coagulato nella società intorno al premier, emerge chiaramente dall'analisi del voto una significativa spaccatura all'interno del Paese che si muove su una faglia di classe. Ciò non significa una immediata attivazione o la ripresa di conflitti espliciti, ma semplicemente il restaurarsi di una profonda dialettica di scontro tra alto e basso
 
Il voto al m5s, ben oltre la protesta, rappresenta una scelta tattica dei settori popolari. La sconfitta del PD è una vittoria tattica delle classi subalterne proprio perché consegna alle città un governance più debole che sarà costretta volente o nolente a confrontarsi con il proprio elettorato. La strategia, come momento politico, è ancora tutta da elaborare. E se la crisi del PD si compisse definitivamente e il movimento 5 stelle diventasse a tutti gli effetti forza di governo, quali scenari si paleserebbero per le lotte in Italia?

Renzi, agente politico della ristrutturazione statuale in direzione neoliberale, si trova in una tenaglia tra i diktat di un'Europa sempre più debole e sparpagliata e il sorgere di una opposizione confusa alle sue politiche. Il referendum autunnale in questo senso sarà dirimente sulla possibilità o meno che si consolidi una governamentalità che permetterà al PD di destrutturare gli ultimi dispositivi obsoleti dello stato post bellico, facendo in modo quindi che si consolidi una maggiore autoritarietà e autoreferenzialità delle compagini di governo e una riduzione sempre più marcata delle istituzioni dello stato nazione a mero strumento di amministrazione. (Di questo argomento e della necessità di contestualizzare un No sociale al referendum parleremo nel primo capitolo).
A rendere ulteriormente specifico il quadro italiano sono i flussi migratori, il loro impatto e le politiche di gestione. L'Italia, porto europeo e corridoio per il Nord Europa, diventa sempre di più una delle poche rotte praticabili per chi fugge dagli scenari di guerra del Nord Africa, e non solo. Molto spesso la meta di questi flussi migratori non è la penisola italica, ma la tendenza all'irrigidimento delle frontriere della Fortezza Europa potrebbe rivelarci nuovi scenari. Non ultima la possibilità che flussi migratori vengano intergrati in un modo o nell'altro nella struttura delle metropoli italiane.

In questo quadro estremamente complesso emergono dei comportamenti di rifiuto dentro la composizione di classe che esprimono delle rigidità significative: la possibilità di saperle leggere e di individuare delle linee di tendenza rappresentano delle sfide del presente
   
Alcune di queste rigidità sono rappresentate da un aumentare nelle metropoli di illegalità diffusa soprattutto nella dimensione di riappropriazione individuale di reddito e ricchezza, di un continuo emergere di comportamenti autodistruttivi nella composizione giovanile, di alcuni tentativi di organizzazione dentro i contesti periferici delle città (comitati più o meno spontanei, esperienze di lotta per la casa e per il redditto).
L'intento di questa raccolta di spunti e riflessioni, che vogliamo raccogliere nei prossimi mesi, è quello di aprire delle questioni rimaste irrisolte con l'obiettivo di approfondirle.
Di seguito elenchiamo e spieghiamo brevemente i nodi del discorso che affronteremo:


  1. Analisi su trasformazioe e ristrutturazione dello stato neoliberale, quali forme assume la governabilità? Come si configura il Referendum del governo Renzi in questo scenario? Come costruire un No al Referendum che significhi possibilità di minor governabilità?

  2. Metropoli, periferie, provincie. Come muoversi nei dedali della nuova valorizzazione dei territori. 
     
  3. Ceto medio e subalternità. Come la crisi ha ridefinito il ruolo del ceto medio? In che modo il rapporto di subalternità si costruisce trasversalmente dentro la metropoli? 
     
  4. Composizione di classe. Siamo al sorgere di nuove composizioni?
Infine proveremo con umiltà a tracciare delle conclusioni che provino a fornire degli strumenti da mettere a dibattito per riorientarsi collettivamente.